Reverse Marketing: ribaltare le regole del gioco nella comunicazione



Reverse Marketing: ribaltare le regole del gioco nella comunicazione
12 aprile

Reverse Marketing: definizione, esempi e come applicarlo

Reverse Marketing: ribaltare le regole del gioco nella comunicazione

Con il termine “reverse marketing” si intende l’insieme di strategie di comunicazione che ribaltano l’approccio tradizionale verso il consumatore finale sfidando le dinamiche delle logiche pubblicitarie più diffuse. 

E se ti dicessi di NON leggere questo articolo? 
Leggerlo sarebbe, molto probabilmente, la prima cosa che faresti! 

Vediamo perché e come funziona il “marketing al contrario”. 

Indice:

1. Cos’è il Reverse Marketing?
2. Usare la psicologia inversa nel marketing
3. Patagonia, “Don’t buy this jacket”
4. Wolkswagen, “Think small”
5. Il reverse marketing su Tik Tok
6. Conclusioni

Cos’è il Reverse Marketing?

Il Reverse Marketing è dunque, un insieme di strategie comunicative che rompono deliberatamente le convenzioni tradizionali del marketing per attirare l’attenzione del pubblico, spesso implicando l’adozione di approcci non convenzionali o provocatori per generare coinvolgimento. 

Il marketing tradizionale tende a seguire il cliente per invitarlo ad eseguire una certa azione a favore del marchio mentre quello al contrario si basa sul cercare di portare il consumatore verso la tua attività in modo spontaneo.

È basato su quel meccanismo mentale per cui il divieto e la negazione spingono all’azione: nonostante l’utente venga quasi allontanato, sarà comunque, in maniera spontanea, portato a volerne sapere di più e cercherà di avvicinarsi all’azienda. 

Usare la psicologia inversa nel marketing

La psicologia inversa è una tecnica comunicativa che si basa sul persuadere qualcuno a fare qualcosa, facendogli credere che stia effettivamente facendo qualcosa di opposto o diverso. Questo metodo sfrutta la reazione istintiva delle persone di ribellione o opposizione ad essere manipolati o guidati. 

Il principio usato è quello della reattanza, cioè la tendenza umana a reagire in modo negativo quando si sentono minacciate della propria libertà di scelta o di comportamento che le porta a rafforzare o difendere quei comportamenti o quelle libertà. Per fare un esempio concreto relativo al marketing, una campagna pubblicitaria potrebbe affermare che un prodotto non è adatto a tutti, incoraggiando così le persone a provarlo per dimostrare il contrario. 

L’atto di negare un pensiero o un concetto spesso finsice per rafforzare o attivare esattamente quel pensiero o concetto nella mente della persona. “Non pensare a un elefante!” è il titolo di un libro del linguista George Lakoff, che descrive esattamente questo fenomeno. Se dici a qualcuno di non pensare all’elefante, quella persona inevitabilmente sarà portata ad immaginare un elefante.

Patagonia, “Don’t buy this jacket

Don't Buy This Jacket | Patagonia

In occasione del Black Friday 2011, Patagonia ha applicato esattamente questo concetto ad una campagna pubblicitaria, un’inserzione sul New York Times che raffigurava una delle loro giacche con un invito a NON acquistarla. 

Un visual molto semplice, con prodotto e headline su sfondo bianco, con un breve testo che spiegava le ragioni per non comprarlo (perlopiù motivi ambientalisti) che ha scaturito esattamente gli effetti desiderati: la comunicazione di Patagonia ha portato a un aumento ben del 30% delle vendite di quella giacca.

Wolkswagen, “Think small

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Il reverse marketing viene sfruttato anche per prendere dei punti deboli per trasformarli in punti di forza.
È quello che ha fatto Volkswagen nelle sue campagne iconiche degli anni ‘60, grazie a una delle agenzie pubblicitarie più grandi dell’epoca e al suo fondatore, William Bernbach. 

In quel periodo le case di produzione automobilistiche statunitensi producevano veicoli molto grandi e il Maggiolino Volkswagen stava attraversando un periodo di crisi in termini di vendite. Bernbach decise di sfruttare proprio questa “debolezza”, ovvero le dimensioni ridotte, per fare marketing. “Think small” fu il payoff di questa campagna pubblicitaria, un suggerimento per gli americani di pensare in piccolo, posizionandosi nel polo opposto di quello che gli americani erano abituati a vedere nel settore automobilistico. 

Puntando sulle ragioni per scegliere un’auto piccola, Volkswagen è riuscita a stimolare la curiosità delle persone e ad affermarsi nel mercato americano.

Il reverse marketing su Tik Tok

L’ultimo caso di cui vi parliamo è molto più recente: solo l’anno scorso Tik Tok ha visto spopolare video di content creator che consigliavano prodotti di bellezza... semplicemente sconsigliandoli! Ebbene, si tratta nuovamente di psicologia inversa. 

Infatti tutti i video che seguono questo trend iniziano con una frase ad effetto in grado di attirare l’utente, del tipo “Prodotti che non vi consiglio assolutamente!”. L’effetto psicologico che si va a innescare è chiamato “negativity bias”, per il quale le persone tendono a dare maggiore peso e attenzione alle informazioni negative rispetto a quelle positive. 

Continuando, dopo il gancio iniziale, i video di questo tipo continuano con delle recensioni positive dei prodotti menzionati, ma con un forte tono polemico: per fare un esempio concreto, prendiamo questo video di Clio Make Up. 

La nota influencer e imprenditrice, proprietaria di un business di cosmetici, ha parlato dei prodotti “che si pente di aver creato” per il suo brand. Per tutto il video Clio appare polemica come se si stesse lamentando, ma in realtà, nonostante il tono, esalta le qualità dei prodotti, presentandone i vantaggi o i punti di forza. L’engagement e i commenti ricevuti sotto al video, che ha ottenuto quasi tre milioni di visualizzazioni, dimostrano che il reverse marketing si è rivelato anche in questo caso una tattica vincente. 

Conclusioni

Abbiamo visto come l’uso della psicologia inversa può aiutare le aziende a promuovere i propri prodotti o servizi in modo non convenzionale, spesso ottenendo risultati sorprendenti, come abbiamo visto per il caso di Patagonia o per quello di Volkswagen. 

Il reverse marketing ha dimostrato di avere successo anche online, dove video con recensioni apparentemente negative per sponsorizzare dei prodotti, sono riusciti ad attirare l’attenzione degli utenti e generare engagement

Per concludere, il reverse marketing offre un’opportunità interessante per le aziende di differenziarsi sul mercato e di creare un legame più profondo con il proprio pubblico, anche sui social media, rafforzando la brand identity e fidelizzando i clienti, sfruttando l’effetto della negazione e della reattanza che si traduce in un marketing meno aggressivo e meno invasivo. 

 

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